E’ un affare di morte... per gli interessi di pochi
Categoria: Disarmo atomico
Quando mai l’impareranno?
Fermare la corsa vertiginosa alla proliferazione nucleare
Il manifesto, stampato a Londra nel 1984 e riprodotto anche in altre lingue, con una immagine dal forte impatto emotivo mette in contrapposizione la vita, rappresentata da due bambini, alla morte, evocata dal fungo nucleare.
Il testo che l’accompagna “When will they ever learn?” è un atto di accusa e nel contempo una sfida: se l’umanità vuole avere un futuro deve cessare di dotarsi (almeno) degli armamenti nucleari.
Il fungo atomico riporta al pensiero le bombe nucleari sganciate il 6 agosto 1946 su Hiroshima e il 9 agosto su Nagasaki, dove persero la vita e furono ferite gravemente centinaia di migliaia di persone.
Gli hibakusha (persone sopravvissute al bombardamento) sopportarono per tutta la vita le conseguenze dell’esplosione : ustioni, malformazioni nei figli concepiti, leucemie e altre forme di cancro, oltre a discriminazione e isolamento sociale.
Nonostante questa immane tragedia, come per ogni armamento anche questa arma letale è stata prodotta in migliaia di esemplari in una corsa vertiginosa alla proliferazione nucleare, sempre giustificata come deterrenza necessaria per “mantenere la pace”.
L’immagine dei bambini con la loro innocenza può essere letta come quella di una nuova generazione che guarda al disastro delle precedenti e si avvia nuda su una piana desertica per costruire un mondo nuovo non più ostaggio della paura in quanto libero dalle guerre.
A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale
Disarm for Life
Disarmo: liberiamo risorse che consentono di vivere in un mondo migliore
Il manifesto dei quaccheri di “Quacker Peace & Service Friends House” di Londra, del 1982, ci illustra i frutti del disarmo: se non si fanno le guerre, se non si investono cifre astronomiche negli armamenti e negli eserciti, se anzi si inverte la rotta delle spese militari, si liberano risorse che consentono di vivere in un mondo migliore. Un mondo in cui sono affrontati e risolti i problemi della fame e delle ingiustizie, c’è un rapporto rispettoso con la natura, si affrontano e gestiscono i conflitti in modo pacifico.
Rinunciando alle spese militari e al commercio delle armi quanti esseri umani potrebbero essere salvati e curati? Quanti ospedali e scuole potrebbero essere costruiti? Quanta vita in armonia con la natura si potrebbe realizzare? Quante violenze e guerre sarebbero evitate per permetterci quella sicurezza che sempre si sente invocare e mai realizzare?
Il disarmo, dice il manifesto, fa rifiorire la vita, qui rappresentata come terreno fertile, ricco di grano, fiori e piante con i loro frutti. L’immagine è armonica e colorata con la colomba della pace al centro del prossimo raccolto. Con un messaggio efficace, in caratteri maiuscoli e una lingua internazionale, il manifesto propone, senza presunzione, una ricetta semplice e genuina come i prodotti naturali.
Il movimento religioso dei quaccheri, fondato in Inghilterra nel 1647 da George Fox, è incentrato sulla spiritualità e i suoi aderenti hanno una concezione della vita improntata al rigore morale.
Da sempre nonviolenti, per ragioni di coscienza non partecipano alle guerre e molti di essi sono obiettori alle spese militari. Nel 1947 il Nobel per la Pace venne assegnato alle due principali organizzazioni quacchere esistenti (quella inglese e quella americana).
A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale
Defilè du progress
Le armi sfilano alle fiere internazionali dell'industria della difesa
E’ evidente l’intento satirico del manifesto e l’amara ironia del titolo: la scena ripropone l’assetto di una sfilata d’alta moda con soggetti impegnati a preparare o condurre conflitti armati.
Figure rese con un espressionismo grottesco assistono alla sfilata degli armamenti che verranno acquistati. Sono le categorie principali coinvolte nella produzione e nel commercio delle armi: alti gradi della finanza, dell’esercito e potenti industriali e commercianti, tutti alleati per affermare una certa visione di “progresso”.
Le armi che sfilano si mostrano quali top model, con una variazione della postura delle gambe snelle che non paiono risentire della pesantezza del corpo/bomba e costituiscono un repertorio significativo di quanto si offre a disposizione degli acquirenti: bombe al neutrone (N) e all’idrogeno (H), missili forse di diversa gittata, insieme ad una ulteriore versione di bomba che mostra vanitosamente i suoi mutandoni rossi.
Il manifesto, prodotto dalla Lega degli Obiettori di Coscienza (L.O.C.) di Saronno, è privo di data ma risale presumibilmente agli anni ‘70 - ‘80.
A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale
“Giù le armi, contro le guerre per la pace”
Ognuno può fare qualcosa contro la guerra. Daniel Berrigan
La mostra "Giù le armi", a cura di Overseas di Spilamberto e CDMPI, è parte dell'edizione 2024 di IN PACE, articolata in "Parole", "Segni" e "Note" di Pace.
L'esposizione è stata inaugurata domenica 13 ottobre, e sarà visitabile fino a domenica 8 dicembre.
Il titolo della mostra è tratto dal libro Die Waffen nieder! (Giù le armi!) di Bertha von Suttner, pubblicato nel 1889, che nel 1905 venne insignita del Premio Nobel per la Pace.
Purtroppo la sua attualità rende ancora più necessarie le azioni e le parole per la Pace; questa mostra offre spunti di riflessione sia sulla produzione e il commercio di armi in Italia e nel mondo, che sulle diverse forme di protesta e di obiezione, attraverso i manifesti stampati in Italia, e in Europa, tratti dalla raccolta del CDMPI.
La "storicità" dei manifesti del XX secolo, ci ricorda ancor più quanto c'è da fare, per continuare quanto è stato fatto, riproponendoci Giù le armi! come "un'invocazione imperativa necessaria nel nostro tempo" (dall'Introduzione del catalogo).
Catalogo a schede con le riproduzioni dei manifesti, e fotografie di Bruno Stefani (Comiso, 1983), curato da Giuseppina Caselli (Overseas), Gabriella Lippi, Uber Sala (CDMPI), stampato a Spilamberto da Tipografia Vignolese Masi.